Spotify non ha cancellato le radio: l’innovazione tecnologica dà una seconda vita al mezzo e gli inserzionisti rispondono investendo
21 aprile 2024
“Immagina: sei a casa, controlli l’ora e aspetti che il tuo programma radiofonico preferito vada in onda. Ma succede qualcosa: all’ultimo minuto devi andare a prendere tuo figlio a scuola, o c’è un’e-mail di lavoro che ti distrae, e prima che te ne accorga, il programma è finito. Ti tocca aspettare fino a domani.”
Così Spotify sul proprio sito internet descrive un mondo che fino a pochi anni fa ci sembrava la normalità e che invece sta svanendo sempre di più. Serie tv in streaming, TV on demand e digital audio hanno cambiato il paradigma di come si consumano contenuti di intrattenimento ed editoriali, svincolandoci sempre di più dagli orari fissi della tv lineare. Oggi non è più necessario aspettare. Si può stoppare e guardare un programma dove e quando si vuole. Perché non dovrebbe valere lo stesso anche per la Radio?
Parla proprio di questo Spotify, il colosso dell’audio streaming da mezzo miliardo di utenti nel mondo che è stato tra i principali attori nella proposizione di questo nuovo paradigma. Le piattaforme di Digital Audio forniscono contenuti simili a quelli delle radio, ma on demand, quindi senza il vincolo del un palinsesto. I podcast sono in questo esemplari. Gli episodi dei podcast forniti sulle piattaforme di streaming audio possono essere seguiti al ritmo che vuole l’ascoltatore e secondo i propri gusti. Il mondo dei podcast e del consumo audio tramite piattaforme come Spotify sono preziosi perché rendono il mondo dell’advertising estremamente più ricco di dati, più preciso e più di interesse per l’ascoltatore. Come spiega la piattaforma, questo deriva innanzitutto dalla conoscenza precisa dei comportamenti di consumo. Se per la radio è difficile sapere il numero esatto di ascoltatori in un dato momento e quali siano le loro caratteristiche, l’ascolto su Spotify è invece molto più tracciato, perché ogni utente vi accede tramite Login e lasciando i propri dati. Questo permette agli inserzionisti di investire con molta più precisione. Possono geolocalizzare la campagna e scegliere, oltre all’età, di veicolare la propria pubblicità ad utenti con specifici interessi, che ascoltano determinati programmi.
Altro elemento che distingue l’ascolto di un podcast o di Spotify in generale è l’intenzionalità dell’utente di consumare quel contenuto in particolare che ha selezionato. L’ascolto è reso così molto più attento rispetto quello meno interessato di chi sale in macchina e si sintonizza sulla sua stazione radio preferita.
Oltre a questo, Spotify fornisce moltissimi visual e possibili interazioni per rendere le campagne digitali efficaci e dinamiche. Ad esempio, tramite una call to action si può inviare l’utente ad un sito internet, è possibile far visualizzare il proprio logo durante lo spot, o erogare un vero e proprio video promozionale. Per tutte queste motivazioni, gli investitori negli ultimi anni hanno puntato molto su questo mezzo, tanto che i fatturati pubblicitari relativi al digital audio crescono con percentuali a due cifre di anno in anno. Qualcosa ci dice che il Digital Audio ha solo cominciato il suo cammino tra i protagonisti della scena Adv.