La Direttiva europea contro i falsi Green Claims sarà efficace? 

 
9 maggio 2023

A marzo è stata pubblicata una proposta di Direttiva da parte della Commissione Europea in ambito di comunicazione green. In linea generale, si tratta della necessità di regolamentare maggiormente le dichiarazioni legate alla sostenibilità e al rispetto dell’ambiente che una certa azienda attua per limitare il proprio impatto ambientale. L’obiettivo di questa Direttiva è quello di combattere il cosidetto “greenwashing“, ossia l’opportunismo di utilizzare una dialettica a favore della tutela ambientale, ma senza mettere concretamente in atto azioni in quel senso.

La proposta di normativa è stata suggerita da un’ indagine realizzata dalla stessa Commissione, che rilevava dati preoccupanti sulla vaghezza o assenza di “prove tangibili” che giustificassero l’utilizzo di Green Claims. In particolare, come riporta il The Guardian, secondo questa survey europea datata 2020 oltre la metà messaggi ambientali riportati sui prodotti erano “fuorvianti, infondati o vaghi”. L‘idea dell’Unione Europea è quella di inserire vincoli più precisi e di forzare le aziende a rendere più trasparenti le proprie pratiche di riduzione dell’impatto ambientale nel momento in cui lo comunicano. Nel caso dei prodotti biologici, molto regolamentati nel mercato unico, le normative contengono già vincoli di questo genere. Non è possibile, infatti, inserire sul packaging dei prodotti parole come bio o biologico senza che questi ultimi abbiano la certificazione europea corrispondente. 

L’obiettivo della normativa è chiaro e coerente con il percorso seguito dall’Unione per diminuire le proprie emissioni. Tuttavia, alcuni elementi potrebbero limitarne l’efficacia. Partiamo dalle tempistiche e dal tipo di provvedimento scelto per questa tematica. Nel sistema politico europeo, le Direttive, a differenza dei Regolamenti, non sono direttamente applicabili. Al contrario, danno mandato ai singoli Stati membri di implementare politiche su suolo nazionale in modo da essere conformi, entro un certo periodo di tempo stabilito, al risultato previsto dalla normativa. Si tratta di uno strumento più flessibile rispetto al Regolamento, che sancisce un provvedimento uguale per tutti e che nell’immediato deve essere rispettato. Questa flessibilità potrebbe però rischiare di portare ad un sistema con 27 modi diversi di individuare i Green Claims non a norma e quindi ad una variabilità sia nella severità con cui li si giudica, sia nelle modalità. Si accennava inoltre alle tempistiche. La proposta deve ancora completare l’iter legislativo per le approvazioni nelle altre sedi istituzionali, come Parlamento Europeo e Consiglio dell’Unione Europea, ed è previsto per il 2024. Da allora, contando ancora il periodo di tempo concesso agli Stati per implementare le politiche (circa 2 anni), è evidente come la strada per arrivare ad applicare le restrizioni sia ancora lunga.